domenica 15 gennaio 2017

Il pensiero in una tazza


Una cara amica, qualche giorno, fa mi ha proposto un piccolo esercizio mentale per valutare quale fosse il prezzo, in Euro, del mio tempo. E' stato sufficiente dividere il mio stipendio annuale netto per il numero di ore che passo lavorando. Mio malgrado, il risultato è stato impietoso.
Qual'è il valore della nostra vita allora? E quale prezzo ha il nostro tempo?
Valore e prezzo sono concetti ben diversi, ma che rischiamo di confondere, se non stiamo ben attenti. Erano quasi le cinque di pomeriggio, e l'atmosfera glaciale dell'inverno lombardo ha costretto la mia mente a porsi queste domande di fronte ad una tazza di the coi pasticcini, forzando il mio corpo ad attendere qualche risposta tra il calore fumante delle foglie ed il sorriso dolce dei biscotti. Così, nella mia pasticceria di fiducia, ho provato a riflettere.
Che valore ha la mia vita? Quali sono gli elementi che la possono arricchire rendendo me, povero stolto, il più ricco tra gli uomini?
Immerso in questi dubbi, e valutata l'ottima qualità dell'infuso in foglia e dei dolcetti, ho provato ad estendere la domanda allargando un po' il campo.
Qual'è il valore della nostra città? E quello della nostra casa?
Che cos'è che rende la nostra megavilla, o le quattro assi di legno che ci proteggono dal freddo, quello che noi chiamiamo casa? Non certo la nostra camera da letto, e nemmeno il nostro soggiorno, anche se magari li abbiamo montati entrambi con fatica, vite per vite, sudando sette camicie per tradurre le istruzioni svedesi inscatolate col mobilio, ed inevitabilmente avanzando qualche pezzo, nascondendolo poi, come si conviene in questi casi, sotto il tappeto.
Tutto questo mi sono chiesto, sorseggiando questo the; e mente cercavo di trovare qualche risposta alla mente risalivano, piano piano, nuove domande, oscurando la poca luce che i miei alambicchi mentali riuscivano a distillare dalla nebbia del dubbio.
Ho provato allora a soffiare un poco per diradare la nebbia, disegnando mentalmente su un'immensa tela un mondo in cui tutto ciò che di acquistabile desideriamo fosse disponibile. Ogni oggetto esistente, presente a nostra richesta senza limiti di spazio e di tempo. Sicuramente un bel vantaggio. Un sogno direi. Tutto quello che vogliamo, finalmente a portata di mano. E' difficile anche solo immaginarlo, me ne rendo conto.
Eppure una vita del genere non avrebbe nessun valore. Quando possediamo tutto, in realtà non abbiamo niente. Gli elementi che possono renderci persone veramente ricche sono altri, e non si possono acquistare.
Il primo è la ricerca della conoscenza, la curiosità, la voglia di imparare e di migliorare.
Il secondo, ancora più importante, sono i nostri affetti. Niente può sostituire le persone che amiamo. Una vita piena di oggetti ma vuota di affetti è un castello senza luce. Le persone che amiamo sono la nostra casa, la nostra città, la nostra stessa vita.
Penso che dovremmo ricordarcelo.
Perchè anche se possediamo tutto la nostra vita non in questo acquisisce valore. Si alza solo il suo prezzo. Ma alla fine, senza i nostri cari, noi non abbiamo niente, noi non abbiamo valore.


lunedì 9 gennaio 2017

Il rumore della neve


Avete mai provato ad afferrare la neve mentre cade?
Da bambino appena capivo che era iniziata una nevicata mi precipitavo fuori, stivaloni alti e mani al cielo ad acchiappare i fiocchi per osservare le forme dei cristalli che mi si posavano sulle mani. Ai miei occhi ognuno di essi era un piccolo mondo, un minuscolo pianeta di ghiaccio che mi svaniva tra i palmi infreddoliti mentre cercavo di esplorarlo. Tanti fiocchi, tanti mondi. Ed io ero lì per conoscerli e, inevitabilmente, per distruggerli.
Ogni fiocco che acchiappavo era destinato a finire proprio sulla mia mano, e su di essa sciogliersi per sempre. Alcuni incontri sono proprio così, ci cadono tra le mani, qualche volta li vediamo arrivare, gli andiamo incontro e dopo un  attimo ci sfuggono. Il momento in cui possiamo goderne è così breve che l'unica cosa che possiamo fare è lanciarci il più velocemente possibile fuori e sperare di poterli custodire un attimo in più, per poi farne memoria assieme all'immagine di tutti quelli che non abbiamo avuto la possibilità di vivere.
Ma la neve continua a cadere, ricopre i ricordi e silenziosamente li trasforma, così che quello che era un mondo di cristalli di luce diviene una tomba di ghiaccio sotto la coltre del tempo, memoria ghiacciata di un universo estinto.
Ed ecco che il bambino che correva ad acchiappare la neve è diventato grande, ha smesso di cacciare i sogni e questi hanno smesso di arrivare.
Ma in un giorno d'inverno quel bambino ora uomo comincia a ripensare ai momenti in cui, tanti anni prima, usciva senza guanti a caccia di mondi, e allora prende la pala e inizia a scavare sotto quella coltre bianca per ritrovare un po' di quei fiocchi che aveva amato, ma anche quando riesce a ritrovarli fatica a riconoscerli, la nostalgia li ha cambiati e li ha resi ancora più preziosi. Ora non sono più cristalli ghiacciati, ma tizzoni di un fuoco antico che scaldano come vulcani.
Tanti piccoli mondi di nuovo sul palmo della mano.
La neve continua a cadere silenziosa, ma il suo ticchettio è assordante








giovedì 24 novembre 2016

Il Natale che cos'è?

Il Pancione
Pochi giorni e sarà Dicembre. Le luci colorate, le canzoni scampanellate, il senso primitivo di bontà e di gioia iniziano già ad accarezzare la nostra quotidianità, scortandoci verso il momento fatidico del Natale.
Da bambino attendevo questo giorno con grande trepidazione; come tutti, volevo scoprire il prima possibile quali doni il vecchio Pancione mi avrebbe portato. Per questo la notte della vigilia cercavo sempre di rimanere sveglio. Senza molto successo, restavo per ore con la testa sotto le coperte, orecchie tese a tentare di captare il rumore dell'atterraggio della slitta e gambette pronte a scattare in direzione del cortile. Visto che non avevamo un camino, il Pancione doveva per forza atterrare lì. E poi, a Milano, una slitta con le renne non poteva mica parcheggiare in doppia fila. Con o senza regali, se avesse bloccato il traffico avrebbe rischiato il sequestro del mezzo, che magari non era nemmeno assicurato. Oggi, poi, ci scapperebbe magari l'arresto per sfruttamento di Animali Fantastici. Comunque, abitando in città, non riuscivo mai a capire quando il Bestione atterrasse. I bambini di oggi sono avvantaggiati, gli basta andare su Google Santa Tracker per individuare l'esatto momento in cui il Ciccione passa sopra la loro casa, e senza nemmeno attirarlo con latte e biscotti, che tra l'altro in almeno un paio di occasioni sono sicuro siano stati mangiati da quel lestofante del mio gatto. Ero molto affezionato a Chicco; era un animale molto altolocato, di bell'aspetto e con un portamento regale, dormiva esclusivamente su un cuscino di morbida piuma d'oca posto accanto al calorifero durante l'inverno e di fronte al ventilatore durante la stagione estiva. In una gustosa occasione, questo elegante felino fu nutrito dalla mia genitrice con fresche uova di storione, che un parente cortese ci aveva donato dopo aver pescato il grosso pesce nel fiume, perchè sapete, quel micione era così tenero che non gli si poteva dire di no, e poi aveste visto come gli piaceva il caviale.. Ad ogni modo, sono sicuro che oltre a mangiare meglio di me, quel gattaccio abbia rubato i biscotti che avevo preparato per il Rosso. Sarà per questo che non mi ha mai portato la Playstation.
Il giovane aiutante del Rosso Pancione
Ad ogni modo, oltre allo spuntino di mezzanotte al gatto, il 25 Dicembre portava nel suo grosso sacco di feltro la gioia sotto forma di giocattoli e suppellettili. Il Natale, allora, era felicità. Sullo sfondo, invece, la mia famiglia: genitori, sorella e i parenti vari con cui passavamo la giornata, ma il centro di tutto rimenevano i regali. Il Natale era speciale perchè noi bambini ricevevamo qualcosa di speciale, e con questo ci sentivamo importanti. Poco importava tutto il resto. Noi avevamo i nostri giocattoli, e in loro si esprimeva la nostra festa.
Ora che di anni ne abbiamo un po' di più e teoricamente facciamo parte del cosiddetto mondo degli individui umani adulti, ipotizziamo di poter rivivere il Natale di quando di anni ne avevamo 6. Nonostante la pessima memoria, qualche ricordo di quel giorno ancora lo custodisco, e anche senza riprendere le vecchie fotografie riesco a rivedere chiaramente il pranzo insieme ai parenti, la terribile l'insalata russa che preparava mia zia, i cappelletti fatti in casa, con quello scherzosamente ripieno di sola pasta che doveva capitare al più goloso della comitiva, che ovviamente ero io. Dei regali, ora che sono "grande", non ho più memoria; quegli oggetti sono diventati lo sfondo. Ciò che invece rimane scolpito nella mia mente è l'affetto che circondava noi bambini, il calore che provavamo nell'essere al centro del mondo in una famiglia che davamo, chiaramente, per scontata. Ma a noi, ovviamente, interessavano solo i regali.
Avessi ora 6 anni lancerei via tutti quegli oggetti per poter passare un solo momento con le persone che allora c'erano ed oggi non ci sono più, persone che mi hanno trasmesso quello che solo dopo tanto tempo ho capito essere il vero spirito di questa ricorrenza.
Il Natale è solo una bella occasione per stare insieme.
Proviamo a ricordarcelo, e lasciamo perdere tutto il resto

Foto di famiglia

mercoledì 9 novembre 2016

Il prezzo del tempo - un'onda di ricordi

Non ho mai avuto una grande memoria. Due secondi dopo essermi presentato a qualcuno ne dimentico il nome e dopo un giorno anche il volto. Ogni singola volta. Con gli appuntamenti, poi, sono un disastro; e non nominiamo nemmeno le date di compleanni e ricorrenze varie.
Il cervello è davvero uno strano animale. Dal nulla capita che si risvegli con un ricordo, persistendo su un'immagine o una sensazione antica che pareva perduta nel vortice della vita. Non si può sentire la mancanza di qualcosa che non si ricorda. Ma la mente fa strani scherzi, e aguzzandosi attraverso la nebbia del tempo a volte consente di scorgere un po' di luce, così che quella partita al campetto, quando ancora i cellulari si chiamavano cabine, sembra sia terminata un battito di ciglia fa.
E' difficile riuscire a ricordare tutte le persone cui si è stati affezionati durante la vita. Ed è anche molto triste non poterlo fare. Gli eventi talvolta ci travolgono e ci sbattono in faccia la fine di amicizie, rapporti e qualche volta amori. Spesso è più semplice smettere di ricordarli. Piano piano, giorno dopo giorno, la fotografia degli eventi si consuma in un foglio di carta velina, sbiadendo poco per volta, come uno scontrino dimenticato  in tasca per troppo tempo.
Altre volte, invece, quello che accade è più semplice: andiamo avanti con la nostra vita, e lasciamo indietro qualcuno. Ciò che negli ultimi tempi mi fa riflettere è la modalità con cui tutto questo ha luogo. Non c'è nessuna scelta, nessun progetto o intenzione. Semplicemente, accade. Il lavoro, lo studio, la distanza e il poco tempo a disposizione ci portano, spesso inconsciamente, a selezionare quale bagaglio di ricordi e di persone portarci dietro.
Se il destino esistesse, potremmo additarlo come colpevole. Ma sarebbe troppo semplice. Guardandoci dentro con un poco di onestà, possiamo scorgere come siano state le nostre azioni e le nostre omissioni ad averci portato dove siamo, in compagnia delle persone con le quali condividiamo il nostro presente.
Il nostro tempo è limitato, e dobbiamo necessariamente scegliere con chi spenderlo. La vita ci spinge a questo. Ed è spaventoso. La facilità con la quale riusciamo ad abbandonare le persone cui siamo affezionate, per andare avanti per la nostra strada, è terribile. Una mancanza di cuore senza pari, a mio parere. Probabilmente si tratta di un meccanismo evolutivo, non saprei.
I miei ricordi più importanti sono quelli delle persone con cui ho condiviso un pezzetto del mio cammino fino ad oggi. Molte di queste persone le ho perdute per ragioni che ho ritenuto essere fatalmente dovute al susseguirsi degli eventi imprevedibili causati dal trascorrere della vita. Ma non è così. Noi abbiamo scelto di perderci, e l'illusione del destino inevitabile cade quando abbiamo la forza di concentrarci a pensare a quello che abbiamo o non abbiamo fatto per mantenere queste persone nella nostra vita, e viceversa.
In pratica, è una pura questione di scelte.
Ma i ricordi, quelli sono imprevedibili. Ci colpiscono all'improvviso e ci riempiono l'anima di nostalgia.
Come colibrì dai colori sgargianti, ci guardano negli occhi e fuggono in un istante. Non possiamo afferrarli, ma nemmeno ignorarli, perchè il loro nido è dentro di noi.
E' la nostalgia che dona loro un colore così vivido, ed oggi, al tempo di internet e dei messaggi istantanei, quando tutto è così semplice e veloce, dovremmo cercare di recuperare questo colore, scrivendo magari a quel vecchio amico che questo colibrì ha a creato con noi.

Amici!

domenica 6 novembre 2016

Un pub e trenta cheesecake - come sopravvivere alla Bretannia


Newstead Abbey - Nottingham
 Già dal medioevo i britannici sudditi di Sua Maestà si sono dimostrati particolarmente attenti alla produzione e al consumo della classica bevanda fermentata servita in capienti boccali vitrei.
Ora, se come me non siete avvezzi al consumo di birra ma preferite bevande quali the ed acqua di fonte, abituatevi ad essere considerati dall'oste "Individui molto sospetti".
Se passate a Nottingham, comunque, non potete assolutamente astenervi dal visitare il pub più vecchio d'Inghilterra, lo "Ye Olde Trip to Jerusalem", che si trova in prossimità del castello, al di sotto della collina. Si tratta di un antica costruzione che si snoda all'interno dell'altura della città attraverso una serie di caverne sotterranee, dalle quali sono state create le diverse sale del locale. Uno spettacolo suggestivo, che può davvero soprendere anche il viandante più disinteressato.
Ad ogni modo, con o senza birra, ordinate senza paura i loro burgers: grossi, gustosi e nemmeno costosi. Fondamentale però, se acquistate H2O, avere cura di chiedere una caraffa, in modo da non essere costretti a spendere un patrimonio per la classica bottiglietta in plastica da 50cl, che costa, per qualche arcano motivo, più del malto fermentato con luppolo.
Avendo toccato l'argomento, vorrei inoltrare un appunto direttamente a Sua Maestà, che è nostra assidua lettrice, riguardo il servizio ai tavoli. Durante le diverse visite sull'isola ho attraversato, sia per motivazioni di studio sociologico che per ragioni di interesse antropologico, diversi pub, cercando di amicarmi gli autoctoni per imparare quanto più possibile sulle loro tradizioni gastronomiche. Bene, ciò che mi ha lasciato molto perplesso riguarda la pratica del lancio delle posate sul tavolo da parte dell'oste, con conseguente caduta delle stesse, per gravità, sul tradizionale appicicaticcio tavolo ligneo britannico, usualmente sprovvisto di tovaglia/tovagliolo/tovaglietta o straccio regolamentare.
Ora, se siete al "Ye Olde Trip", noterete che l'atmosfera conviviale che si respira in questo storico luogo di Nottingham, unita alla possibilità di praticare un antico giuoco da pub medievale, rende la visita ancora più suggestiva. Il giuoco in questione consiste nel centrare un corno di animale (non identificato, ma sicuramente nè tartaruga nè giraffa) appeso ad altezza uomo al muro in fondo alla sala, con un piccolo anello posto al capo di una corda metallica tesa appesa al centro della sala. Vi garantisco che non è un'impresa facile, anche se siete astemi.
Newstead Abbey - Nottingham
Per quanto riguarda l'alimentazione, un ruolo fondamentale nella cucina normanna è occupato dalla cheese cake, che costituisce l'elemento base della dieta isolana insieme al pesce fritto, accompagnato da patatine britanniche e servito dalle sapienti mani degli artigiani della frittura in porzioni bibliche, nelle antiche botteghe take away sparse per la contea.
Girando per la città noterete certamente il gran numero di aree verdi presenti,  generalmente ben curate e piene di fauna semi-selvatica. A questo proposito, se siete dotati di merenda, state attenti agli scoiattoli, che una volta mi hanno rubato le M&Ms.
Appena fuori Nottingham , schivando la mega centrale elettrica a carbone che sovrasta il piatto panorama inglese, e valutando se il clima generalmente piovoso ve lo consente, potete fare un giretto alla newstead abbey, un luogo incantevole per passeggiare, fare foto ai lego, portare a spasso il vostro alligatore domestico e mangiare dolci col the.
Se il vostro soggiorno è breve, rischiate però di non riuscire ad individuare il sole, ed in questo caso mi permetto di consigliare una visita ad un luogo patrimonio Unesco situato appena fuori dalla città: il Warhammerworld.
Sito pieno di storia, vi troverete il meglio della pittura, della scultura e dell'anima nerd della britannia. E fanno anche da mangiare.
Warhammerworld- Non fate arrabbiare Legobunny

Warhammerworld- Mettete i fiori nei vostri cannoni al plasma

Warhammerworld - Con amici

Lego Foscolo - Le mie prigioni


domenica 30 ottobre 2016

L'anima frantumata - la terra trema su di noi

Non posso immaginare cosa sta accadendo nell'animo delle persone che stanno vedendo le loro case e i loro paesi crollare sotto la forza devastante della natura.
Non mi permetto nemmeno di immaginarlo. Guardo le immagini nei notiziari e soffro.
Soffro per coloro i quali hanno perso tutto, o rischiano di perderlo se la situazione non cambia.
Piango per le persone che hanno visto la morte da vicino e che sono riuscite a salvarsi abbandonando dietro di sè le rovine che chiamavano casa. Pare che quest'oggi non vi siano stati morti, per fortuna.
Ma la natura ci ha mostrato ancora una volta il suo volto spietato.
Il sisma l'ho vissuto da lontano, da Prato, e nel dormiveglia ho confuso il suo rombo sordo con quello di un grosso camion lanciato in una folle corsa sotto la finestra.
Subito: paura e impotenza. Poi, quando la mente è tornata a funzionare, la domanda: dove ha colpito stavolta.
Tutti i notiziari puntati sulle Marche e sull'Umbria. Dagli audio, dolore e paura. Dai video, polvere e rabbia.
Il sisma ci ha colpiti tutti, di nuovo. E ha continuato a colpire il cuore dell'Italia dei borghi e dei paesi antichi, quelli che tutti concordano essere la nostra insostituibile ricchezza.
Quale futuro, però, possiamo sperare di trovare se la terra su cui abbiamo costruito la nostra storia continua a cercare di inghiottirci? Come possiamo difenderci dalla furia fredda di questa natura?
Il racconto dell'Italia è quello di una competizione continua tra comune e comune, tra borgo e borgo, tra contrada e contrada. Questa gara per la supremazia ha reso lo stivale il luogo unico che il mondo ci invidia. Potere e bellezza sono state le due facce della moneta del nostro paese; ma se la prima ha perso ormai ogni significato, la seconda può ancora essere recuperata.
Non possiamo abbandonare i paesi che la storia ci ha donato, nemmeno se la natura li reclama a sè.
Dobbiamo essere coraggiosi. E per ricostruire in sicurezza questi luoghi, dobbiamo dare tutti una mano.
Sappiamo bene che l'Italia non è mai stata una nazione unita, somigliando piuttosto ad un mosaico di tradizioni e interessi diversi che hanno condiviso solamente il medesimo sfondo.
Ma nella diversità risiede la nostra ricchezza, e se in un elemento possiamo trovare un accordo questo è la solidarietà.
Diamo una mano, collaboriamo per ricostruire. Proviamo a donare quello che possiamo per ricreare ciò che ci è stato tolto con la forza.
Divisi lo siamo sempre stati, e per questa ragione abbiamo potuto abitare così tanti luoghi di una bellezza così disarmante. Ora, però, uniamoci per ricostruire questi luoghi. Poi torniamo pure a litigare.

giovedì 27 ottobre 2016

Nella terra di mezzo - Le Midlands

Waine Manor (occhio ai cervi!)
Provate a ripensare al vostro primo volo. Cercate di ricordare la sensazione che avete provato la prima volta in cui vi siete trovati, da svegli, sulle nuvole. Fuori dal finestrino, l'azzurro profondo del cielo e l'energia accecante del sole dipingono in un singolo atto divino il quadro della piccolezza della nostra condizione umana. Ma nello sguardo che andiamo a lanciare, comodamente imbragati nella nostra cintura di sicurezza di materiale plastico, riusciamo a scorgere un altro messaggio. Un'idea di grandezza, urlata con la forza dell'ingegno dall'umanità verso tutto il creato: noi abbiamo conquistato il cielo. Noi siamo i padroni del mondo. E mentre mi trovo lassù, sulla punta più alta del mondo, penso a come sopra la mia testa ci siano solo satelliti e stelle.
Sono un misto tra stupore infantile e paura, accompagnato dal senso di libertà che solo in viaggio riesco a provare. Ma allo stesso tempo mi sento come ingabbiato, fagocitato nella pancia di un mostro di metallo che potrebbe espellermi in qualsiasi momento.
Ed il senso di grandezza sparisce appena volgo lo sguardo verso il basso, dove un letto di nuvole nere attende di essere attraversato. Così, come Scilla usava fare secoli prima, il mostro di metallo si inabissa ed inizia a scalciare. Dapprima con riguardo, come per suggerire a noi stupidi umani di toglierci di torno, ma seguitando nella discesa la sua furia aumenta, ed insieme ai miei compagni di avventura mi ritrovo stretto sul sedile, con le unghie saldate al bracciolo in finta pelle, mentre i segnali lampeggianti rimarcano con britannica austerità la presenza della turbolenza. I minuti passano come ore, la prima volta. E quando superiamo la barriera di nuvole, secoli dopo, il mondo torna ad essere il luogo grigio che ho imparato a conoscere.
Abituato come sono, immagino di essere il costruttore delle casette che vedo scorrere sotto di me mentre ci avviciniamo all'aeroporto. Maledetto East Midlands, con le folate di vento che lo investono costantemente e noi, poveri omini lego, costretti a subire tutto questo.
Tre balzi fa la bestia prima di fermare la sua corsa sul terreno di Sua Maestà, e squilli di tromba salutano la fine della sua furia.
Come nel salire sono stato l'ultimo ora, scendendo, mi pongo senza indugio come primo della fila, acquisendo la qualifica di leader naturale del gruppo. Facendo trenino e ballando Maracaibo, raggiungiamo le guardie della regina. Passato il check in, il check out, il controllo passaporti, la visualizzazione documenti, compilata la dichiarazione di non invasione e risolto l'enigma della sfinge, possiamo finalmente mettere piede sul suolo britannico. Oltre al clima gradevolissimo, che in primavera varia dai due estremi "Pioggia" e "Pioggia con vento", noto da subito che gli isolani di quella contea sono particolarmente educati. Se,come me, non siete abituati a tali dimostrazioni di rispetto e coscienza civica, per ambientarvi sorridete ed annuite sempre con la testa. Ma soprattutto, se volete un caffè, vi conviene lasciar perdere, che lì lo vendono in tinozze. Comunque, se vi capita di calpestare accidentalmente un piede ad uno di loro, per fare un esempio, egli vi chiederà immediatamente scusa; mentre se per caso avete intenzione di prendere il pullman per l'aeroporto alle 6 di mattina, ma vi trovate ad una distanza tale dalla fermata che neanche Bolt a cavallo ce la potrebbe fare a raggiungerlo, basterà fare un cenno da lontano al cortesissimo conduttore, che vi attenderà cavallerescamente senza necessità per voi di rincorrerlo.
La City Hall

Diverse cose si possono visitare a Nottingham e dintorni.
La foresta di Robin Hood non fa più parte di queste, perchè è stata resa legna da ardere. Al suo posto, in centro città di fronte al castello hanno posizionato la statua dell'eroe in calzamaglia.
Nottingham è famosa per alcune amenità, tra cui essere la città con la più grande area pedonale d'Inghilterra, almeno credo, ma vanta anche primati in materie ben più importanti: i pub. Se scoccate 10 frecce in altrettante direzioni, state sicuri che colpirete almeno 8 pub, e la casa di batman. Seriamente, il Wayne Manor del Cavaliere Oscuro si trova nel gigantesco parco della città. Se vi capita di andarci, vi consiglio di evitare la stagione degli amori dei cervi, perchè quel luogo ne è pieno.

Continua..